Principato Abaziale
di Seborga

Il Principato Abbaziale di Seborga era una minuscola entità territoriale, di circa 14 km2, autonoma da una data imprecisata, ma per alcuni dal 954 fino al 30 gennaio 1729, secondo un vecchio atto di donazione del Conte Guidone di Ventimiglia ai Padri cistercensi di Lerino. Fu governata da un Abate eletto tra i monaci dell’Abbazia di Lerino, nell’isola di Sant’Onorato, di fronte a Cannes (F). L’isola di Lerin, mediante la « Seborca », costituiva un’enclave nella Repubblica di Genova e dipendeva a livello territoriale dalla Contea di Provenza, poi dal Regno di Francia e oggi appartiene alla Repubblica Francese, mentre il Principato Abbaziale di Seborga è diventato un presidio dei Savoia ed oggi è un comune della Repubblica Italiana. Il borgo (500 metri di altitudine), noto per l’attività seicentesca della sua zecca, si trova oggi a dodici chilometri da Bordighera, in Provincia di Imperia, non lontano da Ospedaletti e Sanremo.

La Storia

Il feudo di Castrum Sepulchri è citato in un documento del 954, che concerne la donazione del suddetto territorio da parte del Conte Guidone di Ventimiglia ai Padri cistercensi dell’isola di Lerino, di un territorio di circa 14 km2 confinante con San Remo a nord (Repubblica di Genova) e con Perinaldo a sud (Regno dei Savoia), con Ospedaletti a est e con Vallebona a ovest (Repubblica di Genova), oltre alla Cappellania di San Michele a Ventimiglia (oggi chiesa di San Michele della Diocesi Ventimiglia-Sanremo). Tale documento ritenuto apocrifo probabilmente essendo andato perduto l’originale nel 1304 fu nuovamente redatto da Padre Sicard (fonte amministrazione comunale di Seborga risalente al 1963) con le notizie in suo possesso e contenute nel documento originale ; ma questo rifacimento fu considerato autentico sino al 1757, anno in cui gli archivisti torinesi (non a caso…) misero in chiaro la sua falsità.

L’unico documento mai contestato e ritenuto originale del 1177, pervenuto fino ad oggi, riguardante una controversia tra i monaci di Lerino e i conti di Ventimiglia circa i confini delle corrispondenti proprietà tra Vallebona e Seborga, conferma l’esistenza dell’Antico Principato Abbaziale di Seborga.

Il territorio seborghino, intanto, continuò a dipendere amministrativamente dall’Abbazia di Lerino, ubicata nella contea di Provenza che, dopo essere stata degli Angioini di Napoli, nel 1481, fu annessa al Regno di Francia.

Nel 1261, il Priore della chiesa ventimigliese di San Michele, Giacomo Costa, redasse, su delega dell’Abate di Lerino, gli Statuti e Regolamenti del Principato.

I monaci provenzali traevano scarsi profitti dalle rendite del possedimento e, spesso, erano costretti a contrarre prestiti in denaro per alleviare la misera vita dei sudditi.

Il Principe Abate Cesare Barcillon, nel dicembre 1666, onde ricavare consistenti entrate, aprì un’officina monetaria nel piano sottostante il Palazzo Abbaziale, sito in Piazza San Martino a Seborga: il primo zecchiere fu Bernardo Bareste di Mougins. Furono battuti diversi conii e l’attività durò fino all’ottobre 1689. I Luigini, però, contenevano un basso tasso di argento e dunque non erano graditi neppure in Oriente, anche per la concorrenza di altre zecche, come quella della contea di Tassarolo.

Luigi XIV di Francia ne dispose la chiusura.

Le monete, rarissime, che oggi rimangono dell’esperienza monetaria di Seborga sono tredici, provenienti da quattro conii: in argento, rappresentano il busto di San Benedetto e lo stemma principesco all’epoca del conio (tra due fronde di palma è riprodotto un pastorale su una mitra con la scritta “Monasterium – Lerinense – Princeps – Sepulcri – Congregationis – Cassinensis”. Gli esemplari che tuttora si possono ammirare sono custoditi: uno nell’Archivio di Stato di Torino, due a Vienna, sei nell’ex collezione di Vittorio Emanuele III di Savoia, due a Marsiglia, una a Lione e l’ultimo a Bordighera. L’archeologo e numismatico Pellegrino Tonini (1824-1884), segretario del Museo nazionale del Bargello di Firenze, nella sua opera “Topografia generale delle Zecche italiane”, ivi edita nel 1869, menzionò l’officina monetaria di Seborga (Sepulcrum, Monaci di S. Lerino), indicandola sulla mappa allegata e qualificando gli Abati di Lerino come Principi di Seborga.

A proposito del rango principesco e del diritto di zecca erano prerogative spettanti al Sacro Romano Imperatore e al Papa che potevano estenderle ad eventuali loro vicari. Nel caso di Seborga, si presume che la fonte non fosse imperiale, perché, oltre a non esistere documento che lo provi, i beni della contea di Provenza, estintasi, passarono al Regno di Francia, assolutamente indipendente dall’Impero. La sua origine, dunque, doveva essere esclusivamente papale: ogni Abate poteva attribuire (e attribuirsi), con Autorizzazione Pontificia, titoli nobiliari. E questo fecero gli Abati di Lerino, nominandosi “Principi” e assegnando a Seborga il loro predicato aristocratico, in quanto deputati dell’autorità della Santa Sede sul Monastero.

Di conseguenza nessun seborghino poteva assumere lo Status di Principe di Seborga che spettava esclusivamente all’Abate o al Suo Vicario, membro dei Pauperes Commilitones Christi, l’Istituzione laico-monastica cistercense.

Questi, in qualità di Principe Abbaziale non dipendeva dal clero secolare ma solo dal Papa (“nullius diocesis”): dirigeva, infatti, le parrocchie del territorio e nominava il prevosto di Seborga, scelto, indi, dai Savoia.

Il Principe Abate non soggiornava frequentemente in Seborga e questa assenza risultava negativa per gli abitanti del paese. Nominava un Vicario, denominato il Podestà, il cui incarico durava da sei mesi a tre anni e poteva essere rieletto. Coadiuvato da due Sindaci e da due Consoli, amministrava il feudo, sotto l’attenta sorveglianza dell’Abate assente, al quale doveva presentare continui resoconti della propria attività pubblica.

Il Principe, ogni tanto, compiva una visita e alloggiava nel palazzo abbaziale: gli spettava il trattamento di “Sua Signoria Reverendissima”, la sua carica era ad vitam, come previsto dal regolamento dell’Ordine Cistercense, per cui ogni Abate viene eletto a vita.

I monaci, però, stanchi di questa amministrazione delegata che rendeva poco e soprattutto a causa dei debiti contratti, dapprima con i genovesi nel 1584, con un contratto redatto dal Notaio Nicolo’ Vigano, poi con altri monasteri e un nobile francese, decisero, di vendere il Principato. La prima vendita fu prevista alla Repubblica di Genova a seguito del debito contratto in precedenza, poi al Duca di Savoia Vittorio Amedeo nel 1697, entrambe annullate dal Sommo Pontefice ed infine l’alienazione si concretizzo’il 30 gennaio 1729 in favore del Re di Sardegna, Vittorio Amedeo II di Savoia che ambiva avvicinarsi sempre più all’agognato mare.

I Savoia, non volendo rinunciare al tanto sospirato territorio strategico, convinsero l’Abate di Lerino , a riunire la congregazione dei padri di Lerino dell’11 dicembre 1728 e confermare la tanto sospirata alienazione al Re di casa Savoia indi per cui effettuare la vendita a Parigi il 30 gennaio 1729.

In uno scambio di comunicazioni del 12 gennaio 1729, tra l’Avvocato Lea e l’Arcivescovo Principe di Embrun, Pierre Guerin de Tencin, Commissario Apostolico e delegato dal Papa per l’approvazione della vendita, che tra l’altro cita la già tentata vendita del 1697, fu menzionata una missiva di Papa Benedetto XIII del 13 ottobre 1728 (Nostra Apostolica Petitum) che autorizzo’ la vendita a condizione che venissero pagati i debiti che gravano nel Pricipato. Codesta missiva recita testualmente (fonte Archivio di Stato di Torino) : « …in exstravaganti ambitiosa contrabona Eccelsia alienantes statutis…»

L’Arcivesco e Principe della città metropolitana di Embrun, Pierre Guerin de Tencin fu delegato dal Sommo Pontefice Benedetto XIII per definire la controversia tra la Repubblica di Genova che poteva contare sull’amicizia del Podestà di Seborga, Monsignore Giuseppe Biancheri e l’Abate di Lerino, spinto dai Savoia all’alienazione dell’Antico Principato Abbaziale di Seborga.

Il Commissario Apostolico, effettuo’ una minuziosa inchiesta, iniziata a Parigi e conclusa a Versailles l’8 luglio 1728. Tale documento prevedeva ben 9 punti da rispettare. Si ritiene indispensabile sottolineare che per l’alienazione definitive serviva l’autorizzazione dei Padri dell’Abazzia di Montmajour di Arles, poiché nel documento originario di donazione del Conte Guidone, risalente al 954, in caso di tentata alienazione da parte dei Padri e Monaci Cistercensi dell’Isola di Lerino, del suddetto territorio di Seborga, ivi compresa la Cappellania di San Michele in Ventimiglia, il lascito sarebbe stato trasferito d’ufficio ai Padri di Arles. Per cui il delegato del Sommo Pontefice, Arcivesco e Principe di Embrun, interpello’ i suddetti Pardi di Arles che quantificarono l’importo di risarcimento in 15.000 lire di valuta sabauda.

L’importo di vendita, ricordiamo fissato in 147.000 Lire di valuta sabauda, doveva essere per cui decurtato della somma pari a 15.000 Lire di valuta sabauda, fissata per il risarcimento dei Padri di Montmajour di Arles. La restante somma di 132.000 Lire di valuta sabauda, secondo il documento visionabile presso l’Archivio di Torino, redatto dal delegato, Arcivesco e Principe della città metropolitana di Embrun, avrebbe dovuto esser stato versato alla Repubblica di Genova per saldare i debiti contratti nel lontano 1584, con relativa quietanza da allegare all’atto di alienazione.

Non si comprende pero’ la dimenticanza dei debiti contratti col Monastero di Grasse e col nobile francese.

Ad ogni modo, l’Arcivescovo e Principe della città metropolitana di Embrun, delegato dal sommo Pontefice Benedetto XIII, autorizzo’ la vendita ivi condizionata in assenza di una ulteriore autorizzazione papale.

Il contratto di vedita fu stipulato dall’Avvocato Francesco Lea, presente un rappresentante dell’ultimo Principe Abate mitrato Fauste de Balon, il Reverendo economo dell’Abazia di Lerino, Padre Benoit de Benoit. La somma fu fissata in 147.000 lire di valuta sabauda. La vendita fu effettuata a Parigi in presenza di un notaio che ne registro’ gli effetti. Copia dell’Atto è custodita presso l’Archivio di Stato di Torino.

Tale contratto prevedeva che fossero versati 15.000 Lire di valuta sabauda, come acconto da versare al Monastero di Montmajeure dei Padri di Arles per saldare l’importo di risarcimento per l’ottenuta autorizzaione di vendita. La quietanza venne data dal Padre Economo Benoit de Benoit di Lerino.
Ad avvenuta presa di possesso, da parte di Savoia, con « ampia libertà di metedo », come prevista in atto da parte dell’Avvocato Francesco Lea, delegato reale di casa Savoia, la restante somma di 132.000 Lire di valuta sabauda, sarebbe dovuta pervenire ai Padri di Lerino per essere trasferita alla Repubblica di Genova come disposto dal Sommo Pontefice Benedetto XIII e dal suo delegato.

Pur sapendo che tale saldo non sarebbe mai pervenuto o addirittura regolarizzato, poiché la Repubblica di Genova che aveva esercitato innumerevoli pressioni presso la Santa Sede per ottenere l’autorizzazione all’alienazione dell’Antico Principato di Seborga, i Savoia presero il possesso di Seborga in accordo con i monaci contestualmente alla firma del rogito notarile a Parigi il 30 gennaio 1729.

Fu organizzata una presa di possesso effettiva con tanto di giuramento uffciale da parte dei Consoli e Sindaci del Principato e tutti i sudditi seborghini in presenza di una guarnigione sabauda.

I monaci di Lerino, lasciarono definitamente il territorio Abbaziale del Principato di Seborga entro il 1730.

Grazie all’avvenuto acquisto, i Savoia, continuarono la loro occupazione illegittima.

Diversi brogliacci sono custoditi presso l’Archivio di Stato di Torino, ma non comprovano l’effettivo pagamento dei debiti, mediante il saldo delle 132.000 Lire di valuta sabauda alla Repubblica di Genova, a causa dell’ assenza della quietanza registrata.

Risulta da un atto redatto e trascritto da Charles Franchi, archivista del Re, in data 10 agosto 1797, una garanzia di pagamento che l’Avvocato Francesco Lea consegno’ a Padre Benoit il giorno della vendita di importo pari a 186.000 Lire di valuta sabauda.

Tale garanzia si evince dall’atto avrebbe dovuto prendere effetto in caso di mancanza del saldo delle 132.000 lire valuta sabauda restanti.

Nessuna informazione circa tale garanzia di pagamento da riconsegnare al momento dell’effettiva occupazione territoriale da parte dei Savoia dell’Antico Principato Abbaziale di Seborga risulta essere realmente esistita, né viene citata nell’atto originale di vendita. Per cui è lecito presumere che il Re di Sardegna l’abbia fatta redigere per evitare contenziosi ulteriori con la Repubblica di Genova, riversando gni responsabilità sui Padri di Lerino.

La Repubblica di Genova, evidentemente all’oscuro della situazione che i Savoia avevano creato grazie alla complicità dei Monaci di Lerino, al tacito assenso del dell’Arcivescovo di Embrun e probabilmente anche a causa del disinteressamneto del Sommo Pontefice, in seguito al rogito fece diverse pressioni presso la Santa Sede per scacciare i Savoia da Seborga. Infine Papa Benedetto XIV, fu costretto nel 1748 a regolarizzare l’occupazione Sabauda emettendo una Bolla Pontificale (Bulla Pontificalis) che sanci’ il Protettorato Sabaudo a Seborga. Tale documento si presume essere custodito nell’Archivio Segreto della Santa Sede (fonte Don Antonio Allaria Olivieri).

Altra prova di questa affermazione è visibile ogni giorno a Seborga, nella statua eretta dai seborghini a Re Umberto I, datata 20 settebre 1920, nella quale vi è iscritta la citazione testuale : Seborga nei secoli fedele alla Dinastia Protettrice.

Il cosiddetto Principato Abbaziale di Seborga fu annesso ai domini dei Savoia il 30 gennaio 1729 che, però, non ebbero il diritto di fregiarsi del titolo di Principe che poteva essere assunto solo da un religioso.
Seborga venne amministrata dai Savoia sino al 1946 e dopo l’avvento della Repubblica divenne, di fatto, annessa alla Stato Italiano.
Per questo motivo oggi Seborga è territorio italiano.

Alcuni seborghini, cappeggiati dal floricoltore seborghino Giorgio Carbone, al fine di ristabilire l’indipendenza del territorio seborghino, elessero negli anni sessanta, il proprio Principe di Seborga, Giorgio I, in assenza di una minuziosa conoscenza storico-giuridica. Tale elezione a carattere goliardica, non ha alcun fondamento storico-religioso, indi per cui non ha alcun valore giuridico e resta puramente folcloristica. Di fatto ha riportato attenzione nel piccolo borgo ligure, divenuto meta di molti turisti.

Al fine di fare chiarezza su molte e stravaganti idee di ricostituire, senza alcun titolo, l’Antico Principato di Seborga, si è ritenuto opportuno realizzare questa relazione storico-giuridica, con l’ausilio di fonti ufficiali, testi e recensioni on-line.

Redatto in data 23 maggio 2019

Gianluca de Lucia

Presidente dell’Associazione Culturale : La Vela Bianca dell’Antico Principato di Seborga – Via Maccario 1 – 18012 Seborga (I)

Abati di Lerino (1120 circa - 1729)

TitoloNomeInizio del mandatoNote
AbateEdoardo1120 circaPriore dell'abbazia di Lerino
AbateBertrando di Blanchefort1156
AbateGuglielmo di Chartres1209
AbateTommaso Bérard1256
AbatePonce Lance1364
AbateGiovanni Lascaris di Ventimiglia1394fu il primo dei cinque priori della famiglia comitale di Ventimiglia
AbateGiovanni Pellizon1403
AbateGiorgio Lascaris1424
AbateMichele Lascaris1452
AbateNicola Lascaris1469
AbateRaniero Lascaris1493
AbateAgostino Grimaldi1512appartenente ai Grimaldi di Monaco
AbateFrancesco Bugi1534
AbateIlario de' Pescheriis1542
AbateNicola Isoard de la Turbie1553
AbateGerolamo da Perugia1563
AbateBasilio da Vallauris1583
AbateOnorato da Taggia1601
AbateCesario da San Paolo1611
AbateTeodoro da Grasse1617
AbateGiuseppe de Meyronet1656istituì la zecca in Seborga
AbateCesare Barcillon1666
AbateFausto de Balon1707-1729

Galleria fotografica

Bibliografia

Abbè Alliez, Histoire du Monastére de Lèrins, Paris 1862, ristampa ed. Kessinger Pub Co, Montana 2009.

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Pellegrino Tonini, Topografia generale delle Zecche italiane, Ricci, Firenze 1869.

Contatti

Gianluca de Lucia
Presidente di Polish National Catholic Church di Monaco
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